CIN CENTRO INTEGRATO NEUROSCIENZE

Disturbi del sonno

Classificazione delle insonnie

Molti autori hanno provato a classificare le insonnie, purtroppo senza risultati unitari. Lugaresi (2008) ha proposto una definizione che sembra soddisfacente: “L’insonnia è la sensazione soggettiva di non trarre sufficiente riposo dal sonno sia perché non abbastanza prolungato, sia perché privo di qualità ristoratrice”.

In molti casi l’insonnia evolve parallelamente alla condizione che l‘ha innescata e può essere transitoria, ricorrente o di lunga durata (G. Coccagna, 2000). In non pochi casi si presenta come un disturbo cronico senza apparenti connessioni con le condizioni che ne hanno determinato l’esordio o addirittura senza che sia possibile identificare evidenti elementi causali.

Una volta che si è stabilita, l’insonnia cambia il modo di vivere dei pazienti e determina, sia in loro che negli altri, reazioni che possono contribuire al mantenimento del disturbo. Come per ogni affezione cronica, anche per l’insonnia è quindi scorretto prendere in considerazione unicamente la malattia e attribuire tutta la sintomatologia ai fattori che l’hanno innescata. Quando un’insonnia diventa cronica, è in gioco una complessa interazione di fattori che vanno al di là di quelli originariamente responsabili del disturbo (Lungaresi E, 2005; G. Coccagna, 2000; et al.).

Disturbi del sonno e psicologia

La diagnosi di disturbo del sonno viene effettuata utilizzando le sensazioni del paziente (rilevate per quantità e qualità), attraverso questionari specifici (es. QDS) e registrazioni oggettive del sonno (es. attigrafo o polisonnografia).
Per identificare il disturbo è importante eseguire anche una buona anamnesi, identificando la sintomatologia che il paziente presenta, il momento di comparsa dei sintomi (per risalire alla causa del disturbo), la gravità relativamente agli effetti sulla qualità della veglia e dell’umore.

I disturbi del sonno si dividono in quattro sezioni principali secondo l’eziologia presunta.
Disturbi primari del sonno: si presume che insorgano da anomalie endogene dei meccanismi di generazione o di regolazione del ritmo sonno-veglia, spesso complicate da fattori di condizionamento. Suddivisibili in:

  • Dissonnie, caratterizzate da anomalie della quantità, della qualità o del ritmo del sonno
  • Parasonnie, caratterizzate da comportamenti anomali o da eventi fisiopatologici che si verificano durante il sonno, durante specifici stadi del sonno o nei passaggi sonno-veglia.
  • Disturbi del sonno correlati ad un altro disturbo mentale, implicano un vissuto intenso di disturbo del sonno conseguente ad un disturbo mentale diagnosticabile ma sufficientemente grave da richiedere un’attenzione clinica indipendente.
  • Disturbi del sonno dovuto ad una condizione medica generale, che implica un vissuto intenso di disturbo del sonno conseguente agli effetti fisiopatologici diretti di una condizione medica generale sul sistema sonno-veglia.
  • Disturbi del sonno indotto da sostanze, che implica rilevanti vissuti di disturbo del sonno conseguenti all’uso concomitante, o alla recente interruzione dell’uso di una sostanza (farmaci inclusi).

(APA, 2000)

Le conseguenze cliniche dell’insonnia

Tutti gli esperimenti di privazione selettiva e totale del sonno mettono in luce l’importanza che il dormire ha nell’economia generale dell’organismo. Il sonno è necessario per il normale svolgimento delle funzioni fisiologiche e per la conservazione dell’equilibrio organico e psichico.

Per quanto riguarda le funzioni psichiche, Kollar attribuisce all’insonne un progressivo deterioramento delle funzioni percettive, ideative e psicomotorie.
Il livello di vigilanza è più basso e l’insonne è esposto a “lapsus” e “microsonni” cioè perdite o abbassamenti improvvisi di coscienza e quindi a non pochi rischi sul lavoro o altre attività che richiedono un alto livello di vigilanza.
Il tono dell’umore subisce alterazioni negative e l’insonne è molto reattivo nei confronti di stimoli esterni. Secondo studi statistici chi soffre di disturbi del sonno è maggiormente esposto alla nevrosi. I “cattivi dormitori” soffrono di un maggior numero di malattie psicosomatiche e di sindromi di disadattamento.

Secondo gli psicanalisti la perdita di sonno priverebbe gli individui della possibilità di liberarsi del sovraccarico emotivo attraverso i sogni e ciò determinerebbe un’ipertensione psichica.

Molti autori sostengono che la privazione di sonno determina depersonalizzazione, dissociazioni del pensiero con inversione dell’affettività, allucinazioni cariche di contenuti affettivi. In effetti durante una grave insonnia può verificarsi una sindrome psicotica acuta con deliri, dissociazione delle idee e allucinazioni.

Il biofeedback e la sua applicazione nei disturbi del sonno

L’insonnia è un disturbo complesso ad eziologia multipla, in cui la componente preminente è rappresentata dall’ansia cronica. Il BFB può essere di aiuto nell’insonnia, benché ci siano notevoli controversie per quanto concerne l’estensione della sua utilità e le sue applicazioni più efficaci.
Questa controversia è parzialmente dovuta al fatto che l’insonnia non è una entità singola, bensì è un sintomo con molte cause sia fisiche sia emozionali. Un soggetto che si rivolge al terapeuta per trovare un rimedio alla propria insonnia rivelerà come causa principale una sottostante depressione; altri possono essere dipendenti dai sedativi senza però riuscire ad ammetterlo.
Tutte le paure associate con lo stato di rilassamento possono essere potenzialmente attivate anche dall’anticipazione del sonno: paura di perdere il controllo, della morte durante la notte, o di evocazione di sentimenti e ricordi sgradevoli.
Ad esempio un paziente ricordava che nella sua infanzia il padre aveva l’abitudine di aggirarsi per casa nottetempo con un fucile e tale ricordo si evidenziò solo nella fase avanzata del trattamento; il ricordo e la successiva elaborazione in terapia furono seguiti da un immediato miglioramento dell’insonnia che durava da molti anni.
Per prima cosa quindi, è importante identificare il tipo di insonnia e la sua dinamica. Quando nell’insonnia è presente un conflitto nevrotico, la combinazione della psicoterapia con l’utilizzo del biofeedback permette la risoluzione del conflitto psicologico e la riattivazione ”dell’orologio biologico”.
Alcuni studi clinici rivelano che molti pazienti migliorano seguendo un trattamento di biofeedback applicato all’insonnia come disturbo primario, come avviene nel trattamento delle cefalee.
In un recente lavoro Hauri ha dimostrato che, benché il BFB sia certamente efficace nel trattamento dell’insonnia, la sua validità è legata soprattutto al corretto utilizzo del BFB per il tipo specifico di insonnia.

Al momento attuale per il trattamento dell’insonnia, è raccomandabile l’impiego di tecniche di rilassamento generale, informando il paziente che tali applicazioni per il trattamento dell’insonnia sono ancora in una fase sperimentale.

× Come possiamo aiutarti?