CIN CENTRO INTEGRATO NEUROSCIENZE

Alzheimer

Descritta per la prima volta nel 1906, dallo psichiatra e neuropatologo tedesco Alois Alzheimer, la Malattia di Alzheimer, ad oggi costituisce la causa più comune di demenza (Fratiglioni et al., 2000; Lobo et al., 2000); essa, infatti, rappresenta, il 54% di tutte le demenze con una prevalenza nella popolazione ultra sessantacinquenne del 4,4%.

FATTORI DI RISCHIO MALATTIA DI ALZHEIMER (MA)
  • Età: è considerato il maggior fattore di rischio associato all’insorgenza delle demenze.
  • Sesso: il rischio stimato di sviluppare MA è di 10-11% nei maschi e 14-17% nelle femmine all’età di 85 anni (Genin et al., 2011).
  • Fattori genetici: la predisposizione alla MA è in parte geneticamente determinata. In particolare alcune mutazioni genetiche sono responsabili di malattia di Alzheimer familiare, trasmessa con modalità autosomica dominante (gene APP, PS1, PS2) o di genotipi che predispongono allo sviluppo della malattia (gene APOE).
  • Stile di vita:Assunzione di sigarette, alcol, tipo di dieta e sedentarietà sono fattori che incidono in maniera preponderante nello sviluppo dell’ Alzheimer
FATTORI DI RISCHIO MODIFICABILI
  • Fattori di rischio vascolare: studi clinici ed epidemiologici sostengono che i disordini metabolici e vascolari sono un importante rischio di sviluppo di MA. L’aumento della pressione sanguigna (Qiu et al., 2006), alti livelli di colesterolo (Kivipelto et al., 2005), in modo particolare nell’età adulta, possono precedere e aumentare il rischio di demenza incluso MA, nell’età avanzata. Anche il diabete e la cattiva tolleranza al glucosio sono stati associati al rischio di demenza (Biessels et al., 2006; Qiu et al., 2007).
  • Livello di istruzione: risultati discordanti. La maggior parte degli studi condotti negli ultimi dieci anni ha concordato sul ruolo protettivo di un alto grado di scolarità. Katzman propose che la scolarità avrebbe potuto posticipare l’espressione clinica dei sintomi della demenza aumentando il numero di sinapsi nel neocortex – ipotesi del brain reserve – (Wang et al., 2002; Rovio et al., 2005).
  • Fumo: per quanto concerne il fumo da tabacco gli studi sono controversi. Contrariamente a quanto sostenuto (ovvero si sosteneva un effetto protettivo della nicotina in grado di produrre una up-regulation dei recettori nicotinici dell’acetilcolina), recenti studi hanno trovato una correlazione positiva tra il fumo e il rischio di sviluppare MA nelle persone anziane (Cataldo et al., 2010).
  • Estrogeni ed antinfiammatori: numerosi studi hanno messo in evidenza una riduzione del rischio di MA nelle donne che avevano fatto uso di estrogeni nel periodo postmenopausale; anche l’uso di farmaci antinfiammatori potrebbe determinare una riduzione del rischio di sviluppare MA.

Patogenesi della MA

La malattia è dovuta a una diffusa distruzione di neuroni, principalmente attribuita alla beta-amiloide, una proteina che, depositandosi tra i neuroni, agisce come una sorta di collante, inglobando placche e grovigli “neurofibrillari”.

La malattia è accompagnata da una forte diminuzione di acetilcolina nel cervello (si tratta di un neurotrasmettitore, ovvero di una molecola fondamentale per la comunicazione tra neuroni, e dunque per la memoria e ogni altra facoltà intellettiva). La conseguenza di queste modificazioni cerebrali è l’impossibilità per il neurone di trasmettere gli impulsi nervosi, e quindi la morte dello stesso, con conseguente atrofia progressiva del cervello nel suo complesso.

A livello neurologico macroscopico, la malattia è caratterizzata da una diminuzione nel peso e nel volume del cervello, dovuta ad atrofia corticale, visibile anche in un allargamento dei solchi e corrispondente appiattimento delle circonvoluzioni.

A livello microscopico e cellulare, sono riscontrabili depauperamento neuronale, placche senili (dette anche placche amiloidi), ammassi neurofibrillari, angiopatia congofila (amiloidea).

Dall’analisi post-mortem di tessuti cerebrali di pazienti affetti da Alzheimer (solo in tale momento si può confermare la diagnosi clinica da un punto di vista anatomo-patologico), si è potuto riscontrare un accumulo extracellulare di una proteina, chiamata Beta-amiloide.



DECORSO CLINICO DELLA MA

La MA è una patologia dall’esordio lento e progressivo. Il decorso della malattia può essere diverso, nei tempi e nelle modalità sintomatologiche, per ogni singolo paziente; esistono comunque una serie di sintomi comuni, che si trovano frequentemente associati nelle varie fasi con cui, clinicamente, si suddivide per convenzione il decorso della malattia. A una prima fase lieve, fa seguito la fase intermedia, e quindi la fase avanzata/severa; il tempo di permanenza in ciascuna di queste fasi è variabile da soggetto a soggetto, e può in certi casi durare anche diversi anni. La fase di transizione tra l’invecchiamento normale e la demenza malattia viene definita mild cognitive impairment (MCI). Si riferisce a una popolazione di soggetti anziani che non sono compromessi nel loro funzionamento quotidiano, ma che hanno un deficit cognitivo subclinico e isolato e sono potenzialmente a rischio di sviluppare la Malattia di Alzheimer (Petersen et al., 1999; Petersen et al., 2001).

  1. FASE INIZIALE DELLA MA (durata media 2-4 anni): La malattia inizialmente si manifesta spesso come demenza caratterizzata da amnesia progressiva e altri deficit cognitivi. Il deficit di memoria è prima circoscritto a sporadici episodi nella vita quotidiana, ovvero disturbi di quella che viene chiamata on-going memory (ricordarsi cosa si è mangiato a pranzo, cosa si è fatto durante il giorno) e della memoria prospettica (che riguarda l’organizzazione del futuro prossimo, come ricordarsi di andare a un appuntamento); poi man mano il deficit aumenta e la perdita della memoria arriva a colpire anche la memoria episodica retrograda (riguardante fatti della propria vita o eventi pubblici del passato) e la memoria semantica (le conoscenze acquisite), mentre la memoria procedurale (che riguarda l’esecuzione automatica di azioni) viene relativamente risparmiata fino alle fasi intermedio-avanzate della malattia.
  2. FASE INTERMEDIA (durata media 2-10 anni): partire dalle fasi lievi e intermedie possono poi manifestarsi crescenti difficoltà di produzione del linguaggio, con incapacità nella definizione di nomi di persone od oggetti, e frustranti tentativi di “trovare le parole”, seguiti poi nelle fasi più avanzate da disorganizzazione nella produzione di frasi e uso sovente scorretto del linguaggio (confusione sui significati delle parole, ecc.). Sempre nelle fasi lievi-intermedie, la pianificazione e gestione di compiti complessi (gestione di documenti, attività lavorative di concetto, gestione del denaro, guida dell’automobile, cucinare, ecc.) cominciano a diventare progressivamente più impegnative e difficili, fino a richiedere assistenza continuativa o divenire impossibili.
    1. FASI AVANZATE (durata media 3 anni): Nelle fasi intermedie e avanzate’, inoltre, possono manifestarsi problematiche comportamentali (vagabondaggio, coazione a ripetere movimenti o azioni, reazioni comportamentali incoerenti) o psichiatriche (confusione, ansia, depressione, e occasionalmente deliri e allucinazioni). Il disorientamento nello spazio, nel tempo o nella persona (ovvero la mancata o confusa consapevolezza di dove si è situati nel tempo, nei luoghi e/o nelle identità personali, proprie o di altri – comprese le difficoltà di riconoscimento degli altri significativi) è sintomo frequente a partire dalle fasi intermedie-avanzate. In tali fasi si aggiungono difficoltà progressive anche nella cura della persona (lavarsi, vestirsi, assumere farmaci, ecc.).
  3. Ai deficit cognitivi e comportamentali, nelle fasi più avanzate si aggiungono infine complicanze mediche internistiche, che portano a una compromissione progressiva della salute. Una persona colpita dalla malattia può vivere anche una decina di anni dopo la diagnosi clinica di malattia conclamata.

LA DIAGNOSI NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER

Allo stato attuale i criteri diagnostici internazionalmente accettati sono quelli proposti dal DSM-IV (APA,1994) e dal Work Group of Dementia (NINCDS-ADRDA, revisionati nel 2007) Secondo le linee guida European Federation of Neurological Societies (EFNS) per la valutazione di un soggetto con sospetto di MA sono necessari i seguenti esami:

  • Un’attenta ricostruzione della storia personale-familiare del paziente, dell’esordio e progressione dei deficit cognitivi; l’impatto che essi hanno sulle attività di vita quotidiana, ed eventuali sintomi non-cognitivi (cambiamenti di personalità).
  • Colloquio con il familiare;
  • Valutazione neuropsicologica delle funzioni cognitive (memoria, funzioni esecutive, linguaggio, prassie e abilità visuo-spaziali, Hort et al., 2010).
  • Esami del sangue:
    • emocromo completo
    • elettroliti sierici
    • glicemia, azotemia, creatininemia
    • dosaggio vitamina B12
    • prove di funzionalità epatica e tiroidea
  • Esami strutturali – TAC o RMN: Sistemi avanzati di imaging biomedico, come la tomografia computerizzata (TC), la risonanza magnetica (MRI), la tomografia a emissione di fotone singolo (SPECT) o la tomografia ad emissione di positroni (PET) possono essere utilizzate per aiutare a escludere altre patologie cerebrali o altri tipi di demenza.

In particolare, la TC mostra un ampliamento dei solchi corticali e dilatazione dei ventricoli laterali, esclusione di cause secondarie. La RM mostra gli stessi rilievi della TC e segni di atrofia dell’ippocampo e dilatazione del corno temporale. La SPECT e PET evidenziano la riduzione di perfusione e dell’attività metabolica più evidente a livello temporo-parieto-occipitale.

  • Elettroencefalogramma (EEG): è un esame che può essere utile per differenziare la MA da soggetti psichiatrici e da altre patologie neurologiche. Nonostante ci siano delle anomalie specifiche che caratterizzano la MA come, la riduzione del ritmo alfa a 4-5c/s, l’aumento dell’attività theta e in fase terminale, presenza di attività delta in regione frontale bilateralmente, l’EEG può essere normale nelle fasi iniziali della malattia nel14% dei casi (Hort et al., 2010)
  • Test genetici: Genotipo APO E


Dr.ssa Alessia Ciccola
Psicologa-Psicoterapeuta

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