La fobia può essere definita come un comportamento di evitamento mediato dalla paura ed in grado di interferire significativamente con le normali attività dell’individuo; tale condotta di evitamento è sproporzionata rispetto al pericolo rappresentato dall’oggetto o dalla situazione specifica e il soggetto stesso ne riconosce l’irragionevolezza.
Esempi comuni di fobie sono la paura intensa ed eccessiva di:
- Altezze
- Spazi chiusi
- Serpenti
- Ragni
- Sangue
- Sporcizia
Si considera fobia e non semplice paura, quando non è motivata da pericoli oggettivi e quando la sofferenza è tale da interferire gravemente con la vita del soggetto.
Nel corso del tempo sono stati elaborati termini complessi per poter indicare queste ingiustificate modalità di evitamento ed in ciascun caso viene utilizzato il suffisso –fobia, preceduto da un termine di etimologia greca, che indica l’oggetto o la situazione scatenanti la paura.
Ritroveremo quindi:
- claustrofobia = paura degli spazi angusti e chiusi
- agorafobia = paura dei luoghi pubblici
- acrofobia = paura delle altezze
- ergaisiofobia = paura di scrivere
- etc.
Il termine fobia implica una sofferenza psicologica soggettiva ed una menomazione del funzionamento sociale o lavorativo come conseguenza dell’ansia.
Gli psicologi, in base al loro orientamento teorico di riferimento, possono porre l’attenzione su aspetti diversi del medesimo problema. Quindi, mentre gli “psicoanalisti” pongono al centro dell’indagine il contenuto della fobia ed attribuiscono un significato fondamentale all’oggetto fobico, in quanto simbolo di un’importante paura inconscia, i “comportamentisti” tendono ad ignorare il contenuto e a concentrarsi sulla funzione che la fobia svolge.
FOBIE SPECIFICHE
Le fobie specifiche sono paure ingiustificate, causate dalla presenza o dall’attesa di un oggetto o di una situazione specifici.
Il tasso di prevalenza nel corso della vita si aggira attorno al 7% negli uomini e al 16% nelle donne.
E’ da notare come il contenuto delle fobie specifiche possa variare in base alla cultura di riferimento.
FOBIE SOCIALI
Si definisce fobia sociale, o disturbo d’ansia sociale, una paura irrazionale e persistente, generalmente legata alla presenza di altre persone.
L’individuo che ne soffre cerca di evitare le situazioni in cui potrebbe essere oggetto di valutazione da parte di altri e mostrare segni d’ansietà o comportamenti imbarazzanti.
Qualsiasi attività che debba essere svolta in presenza di altri può suscitare un’ansia estrema.
Le fobie sociali possono essere di tipo “generalizzato” o “specifico”, a seconda della gamma di situazioni temute. Coloro che soffrono del tipo generalizzato, vedono un esordio più precoce e spesso accompagnato da una maggiore tendenza alla depressione e abuso d’alcool (Mannuzza et al.,1995).
Le fobie sociali sono piuttosto comuni, con un tasso di prevalenza nell’arco della vita pari all’11% negli uomini e al 15% nelle donne (Kessler et al.,1994). Presentano un elevato tasso di compresenza con altri disturbi e spesso sono associate al disturbo d’ansia generalizzato, alle fobie specifiche, al disturbo di panico ed evitante di personalità (Jansen et al.,1994). Solitamente esordiscono solitamente durante l’adolescenza.
TERAPIA DELLE FOBIE
La maggior parte delle persone sopporta le proprie fobie senza cercare un trattamento terapeutico (Magee et al.,1996) ed il più delle volte è un cambiamento nella situazione lavorativa che ne richiede l’intervento.
Alcuni approcci terapeutici con cui vengono trattate le fobie:
Approcci psicoanalitici
I trattamenti psicoanalitici delle fobie mirano a far emergere i conflitti rimossi, che si attribuisce essere alla base dell’intensa paura e dei comportamenti di evitamento.
Dal momento che la fobia è considerata un conflitto inconscio i tentativi per ridurre l’evitamento fobico sono controindicati, poiché si ritiene che la fobia protegga la persona dai conflitti rimossi, troppo dolorosi da affrontare.
Per aiutare il paziente a far emergere il contenuto rimosso, l’analista utilizza varie combinazioni di tecniche sviluppatesi nella tradizione psicoanalitica, tra cui le libere associazioni ed il contenuto manifesto dei sogni, per incoraggiare progressivamente il paziente ad affrontare le proprie paure.
Approcci comportamentali.
Un trattamento molto utilizzato nelle fobie è la desensibilizzazione sistematica (Wolpe, 1958). Dopo aver indotto nella persona fobica uno stato di profondo rilassamento, si fa immaginare una serie di scene progressivamente più paurose. Le evidenze cliniche e sperimentali indicano che questa tecnica è realmente efficace nell’eliminare, o quantomeno nel ridurre le fobie (McGlynn, 1994).
L’apprendimento delle abilità sociali aiuta invece i soggetti affetti da fobia sociale, che si sentono bloccati nei contesti sociali.
Un’altra tecnica usata nella terapia comportamentale è l’imitazione di modelli: i pazienti affetti dalla fobia vengono esposti a filmati o a situazioni reali, in cui altre persone interagiscono senza paura con l’oggetto da loro temuto. Il flooding (inondazione) è una tecnica terapeutica che prevede un’esposizione intensiva del paziente all’oggetto della sua fobia.
Approcci cognitivi
Questi sono utilizzati con successo nella fobia sociale, specialmente quando vengono associati ad un addestramento nelle abilità sociali (Heimberg et al., 1993).
Approcci biologici
I famaci che riducono l’ansia sono detti sedativi, tranquillanti o ansiolitici. Col passare del tempo sono state cambiate le classi di farmaci considerate d’elezione nel trattamento dell’ansia e negli anni Cinquanta sono state introdotte due classi di sostanze principali: i propandioli e le benzodiazepine.
Oggi è diffuso soprattutto l’uso di queste ultime, per i loro comprovati effetti positivi su alcuni disturbi d’ansia; tuttavia esse non sono molto impiegate per le fobie.
Il problema chiave nel trattamento farmacologico delle fobie e di altri disturbi d’ansia, sta nella difficoltà di sospendere la terapia e nella frequenza delle recidive dopo tale sospensione. (Herbert, 1995)