La persona affetta da disturbo d’ansia generalizzato è in preda ad un’ansia persistente, spesso legata a situazioni quotidiane.Il carattere distintivo di questo disturbo è una preoccupazione cronica, incontrollabile, per qualsiasi genere di circostanza o attività; per esempio, questi soggetti possono essere costantemente terrorizzati dalla possibilità che a un loro figlio capiti un qualche incidente.
Sono frequenti i sintomi somatici che riflettono l’iperattività del sistema nervoso autonomo:
- Sudorazione
- Vampate di calore
- Batticuore
- Nausea
- Diarrea
- Pollachiuria (In medicina: aumento di frequenza delle minzioni senza aumento della quantità di urina)
- Sensazione di freddo
- Mani sudate
- Bocca secca
- Nodo alla gola
- Respiro corto
A volte vengono lamentati disturbi alla muscolatura scheletrica e si evidenziano sintomi emotivi:
- Agitazione
- Irrequietezza
- Pensieri ricorrenti
- Pessimismo (si immaginano disgrazie incombenti, perdita del controllo di sé, attacco cardiaco, o morte)
- Impazienza
- Irritabilità
- Scoppi d’ira
- Insonnia
- Distraibilità
(Davidson e Neale, 2000)
INCIDENZA
Anche se i pazienti con disturbo d’ansia generalizzato solitamente non cercano un trattamento terapeutico, la prevalenza del disturbo nell’arco della vita è abbastanza elevato: il 5% circa della popolazione generale (Wittchen et al., 1994).
Esordisce tipicamente durante l’adolescenza, benché molti pazienti riferiscano di aver sempre sofferto di questo problema (Barlow et al., 1986).
Gli eventi di vita stressanti sembrano avere un qualche ruolo nella sua insorgenza. (Blazer et al., 1987).
E’ due volte più frequente nelle donne rispetto agli uomini e presenta un elevato grado di comorbilità con altri disturbi d’ansia e con i disturbi dell’umore (Brown et al., 1994).
TERAPIA
Se si ritiene che il disturbo d’ansia generalizzato tragga origine di conflitti rimossi, l’intervento degli psicoanalisti è mirato ad aiutare il paziente a confrontarsi con la vera fonte dei suoi conflitti. Il trattamento risulta simile a quello delle fobie.
I clinici con orientamento di tipo comportamentale affrontano l’ansia generalizzata in vari modi.
Quando i pazienti riescono a caratterizzare l’ansia come un complesso di risposte a situazioni identificabili, l’ansia diffusa può essere riformulata in termini di una o più fobie, oppure di ansia scatenata da precisi fattori situazionali, il che rende più facile il trattamento.
Talvolta può essere difficile trovare le cause precise dell’ansia, in tal caso si utilizza un trattamento a carattere più generale, per esempio un intenso training al rilassamento.
Ai pazienti viene insegnato a rilassare i propri stati di tensione fino a farli scomparire; questo comporta una reazione all’ansia incipiente, attraverso uno stato di rilassamento, anziché uno stato di allarme (Richardson et al., 1971).
Recentemente, questa strategia si è dimostrata molto efficace nell’alleviare il disturbo d’ansia generalizzato (Borkovec et al.,1996).
Se l’ansia pervasiva sembra derivare da un senso di totale impotenza, il terapeuta cognitivo – comportamentale aiuterà il paziente ad acquisire le capacità utili a produrre competenze e strategie. Queste capacità, tra cui anche l’assertività, si possono insegnare mediante istruzioni verbali, l’imitazione di modelli o il modellamento per approssimazioni successive ed anche tramite un’attenta combinazione dei tre metodi (Goldfield e Davidson,1994).
I farmaci ansiolitici rappresentano la terapia più diffusa per il trattamento del disturbo d’ansia generalizzato. I medici considerano le sostanze psicoattive particolarmente indicate per trattare un disturbo che si caratterizza per la sua pervasività.
Una volta che il farmaco inizia a fare effetto, la sua azione continua per varie ore, in qualunque situazione il paziente si trovi. Sfortunatamente, molti tranquillanti hanno effetti collaterali secondari ed inoltre quando l’assunzione viene sospesa, i miglioramenti ottenuti di solito vanno perduti, (Barlow, 1988), anche perché il paziente attribuisce quel miglioramento ad un agente esterno, il farmaco, anziché a cambiamenti interni e ai propri sforzi nell’affrontare il problema (Davidson e Valins, 1969). In tal modo il soggetto continua a ritenere che la sua ansia ed ogni possibile evento minaccioso rimangano completamente al di fuori della sua capacità di controllo.