Negli ultimi anni in ambito clinico, si sono affiancate, ai convenzionali trattamenti farmacologici, varie metodiche alternative in grado di trattare un’ampia gamma di disturbi con buoni risultati.
Tra gli approcci all’avanguardia, merita particolare attenzione il Biofeedback, una tecnica di breve durata e priva di effetti collaterali, che permette di ottenere risultati sovrapponibili a quelli della terapia farmacologica.
Nato negli Stati Uniti, dove è riconosciuto come trattamento d’elezione nella cura delle cefalee negli adulti e nei bambini, si è rapidamente diffuso anche in Europa, in seguito ai numerosi studi che ne hanno convalidato l’efficacia (Yucha & Gilbert, 2004; Yucha & Montgomery, 2008; peper et al., 2009). Attualmente è impiegato anche in Italia, presso vari centri specialistici rinomati, che lo utilizzano come approccio terapeutico innovativo in medicina psicosomatica.
BIOFEEDBACK
La tecnica di bio-feedback (“risposta biologica di ritorno”), si avvale di un’apparecchiatura computerizzata, che tramite dei sensori di superficie, rileva in tempo reale alcune reazioni fisiologiche, che sono rimandate al soggetto attraverso il monitor di un computer sotto forma di segnali visivi e acustici. In questo modo la persona osserva e prende consapevolezza dei propri indici fisiologici che impara a controllare con l’ausilio di precise tecniche.
Gli indici registrati sono la sudorazione cutanea, la tensione muscolare, la temperatura periferica, la frequenza cardiaca e quella respiratoria.
L’obiettivo è che il soggetto impari ad integrare nella vita quotidiana questa capacità di regolazione appresa, affinché divenga un’abilità naturale e senza necessità degli indicatori strumentali.
Durante il training vengono tra l’altro insegnate alcune tecniche di decontrazione muscolare e rilassamento, per aiutare l’individuo a controllare le proprie reazioni involontarie (Schwarts & Andrasik, 2003).
I campi applicativi dove la tecnica è utilizzata con notevoli riscontri positivi sono:
– Cefalee primarie
– Disturbi d’ansia e legati allo stress
– Disturbi del sonno
– Psicosomatica
– Fibromialgia
EMG- BIOFEEDBACK
Il biofeedback elettromiografico misura l’attività di alcuni gruppi muscolari, fornendo al soggetto informazioni sul suo stato di tensione, allo scopo di raggiungere una migliore distensione ed un rilassamento globale.
La letteratura medica attesta ampiamente come i soggetti di fronte ad un feedback acustico (relativo alla tensione muscolo-frontale), apprendano progressivamente a diminuire il loro livello muscolare, in poche sedute, ottenendo un rilassamento psico-fisico completo (Basmajian, 1983).
Tale applicazione risulta, inoltre, un valido approccio nella riabilitazione funzionale (Barton & Wolf, 1992).
GSR- BIOFEEDBACK (Galvanic Skin Resistence)
I sensori utilizzati, posti sui polpastrelli delle dita, consentono di rilevare la resistenza elettrica della pelle, ossia la microsudorazione cutanea, che è condizionata sia da stimoli emozionali interni (come immaginare scene ad alto contenuto emotivo), sia esterni (un rumore improvviso). Tale variazione non è osservabile ad occhio nudo, ma è la manifestazione diretta ed immediata di uno stato d’ansia o di un vissuto emotivo (Boucsein, 1992).
Temp-BIOFEEDBACK
Il sensore della temperatura, posizionato sul dito, fornisce indicazioni riguardo la temperatura cutanea periferica, al fine di addestrare il soggetto ad ottenere un graduale incremento di quest’ultima.
Da un punto di vista fisiologico ciò che si modifica è il flusso sanguigno del distretto cutaneo, che a sua volta è condizionato dal sistema nervoso simpatico. Infatti in condizioni di stress emotivo si osserva una vasocostrizione cutanea periferica, che si trasforma invece in vasodilatazione, durante uno stato di rilassamento, con conseguente aumento della temperatura periferica (Otis et al., 1995).
HR-BIOFEEDBACK (Heart Rate)
La frequenza cardiaca può essere monitorata utilizzando un fotopletismografo posizionato sul polpastrello delle dita e registra le variazioni di flusso sanguigno nei capillari del dito.
L’obiettivo principale è di incrementare la variabilità della frequenza cardiaca, poiché ad un aumento di essa, corrisponde un migliore adattamento alle variazioni cardiache e quindi un maggior benessere psicofisico (Lehrer et al., 2000).