Attacchi di panico

Il disturbo di panico è caratterizzato da un’intensa paura improvvisa ed inspiegabile, accompagnata da una serie di sintomi:

  • Difficoltà a respirare
  • Palpitazioni
  • Nausea
  • Dolore al petto
  • Capogiri
  • Sudorazione e tremori
  • Terrore e sensazione di disastro incombente

In più la persona può essere assalita e sopraffatta da:

  • senso di depersonalizzazione e de-realizzazione, (sensazione di distacco ed irrealtà da sé stessi e dal mondo)
  • paura di perdere il controllo, di diventare pazzo o persino di morire.

Nel DSM-IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) la diagnosi di disturbo di panico prevede la presenza oppure l’assenza di agorafobia.

L’agorafobia, (dal greco “agorà”, che significa “piazza del mercato”), è un insieme di paure che hanno principalmente per oggetto i luoghi pubblici e frequentati, dai quali potrebbe essere difficoltoso allontanarsi o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto nel caso in cui l’individuo abbia un attacco di panico debilitante.

Chi soffre di disturbo di panico evita, tipicamente, situazioni in cui un eventuale attacco potrebbe risultare pericoloso o imbarazzante. Se la tendenza all’evitamento si consolida, il risultato è il disturbo di panico con agorafobia.
(Davidson e Neale, 2000)

COME SI MANIFESTA

Si può verificarsi di frequente, per esempio una volta o più alla settimana.

In genere dura alcuni minuti e solo raramente si protrae per ore; talvolta è associato a situazioni specifiche (come per esempio guidare l’auto).

INCIDENZA

Il tasso di prevalenza del disturbo di panico nell’arco di vita è del 2% circa negli uomini e di oltre il 5% nelle donne (Kessler et al., 1984).
Il disturbo insorge tipicamente in adolescenza e la sua comparsa è associata ad esperienze di vita particolarmente stressanti (Pollard et al., 1989).

EZIOLOGIA

Per il disturbo di panico sono state rilevate sia una tendenza alla familiarità (Crowe et al., 1987), sia una concordanza maggiore nei gemelli identici rispetto a quelli fraterni (Torgersen, 1983); è pertanto possibile che il disturbo abbia una disposizione genetica.

TERAPIE

Le terapie biologiche del disturbo di panico, basate sulla somministrazione di farmaci antidepressivi o ansiolitici, si sono rivelate discretamente efficaci. Le prove a favore dell’efficacia dell’Alprazolam sono particolarmente forti in quanto ottenute con uno studio su larga scala condotto a livello multinazionale (Ballenger et al., 1991).

Barlow e i suoi collaboratori hanno messo a punto un metodo terapeutico convalidato che si fonda su tre componenti principali: l’addestramento al rilassamento, una combinazione di tecniche terapeutiche cognitivo – comportamentali (nello stile di Ellis e di Beck) e l’esposizione a quelle sensazioni fisiche che scatenano il panico (Barlow et al.,1990). Grazie alla pratica il paziente impara a reinterpretare le proprie sensazioni fisiche e a leggerle non più come segnali della perdita del controllo di sé e del sopraggiungere dell’attacco, ma come indizi intrinsecamente innocui che possono essere controllati mediante l’esercizio di capacità apprese.

La creazione intenzionale di questi sintomi da parte del paziente, associata a strategie atte a dominarli, riduce la sensazione della loro imprevedibilità e ne modifica il significato (Craske et al., 1995).

Studi condotti a distanza di due anni hanno dimostrato che i miglioramenti prodotti da questa terapia basata sull’abbinamento di tecniche cognitive ed esposizione si erano mantenuti nel tempo ed erano nettamente superiori a quelli derivanti dalla somministrazione di Alprazolam (Craske et al.,1992), anche se molti pazienti non risultavano del tutto liberi dal panico (Brown e Barlow, 1995).

Recenti rassegne comparative tra farmacoterapia e psicoterapia nel trattamento del disturbo di panico (Jacobson e Hollon, 1996) sono arrivate alla conclusione che gli interventi di tipo cognitivo-comportamentale danno risultati migliori nei follow-up a lunga distanza, rispetto all’uso di farmaci antidepressivi o ansiolotici (triciclici, agli anti-MAO e alle benzodiazepine).E’ importante sottolineare che alcune persone tollerano scarsamente o non rispondono al loro potenziale terapeutico, mentre le donne incinta, dovrebbero evitare di assumere tali farmaci. (Davidson e Neale, 2000)

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