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Neurofeedback e demenza: una nuova frontiera nella riabilitazione cognitiva?
La demenza è una condizione progressiva che colpisce milioni di persone in tutto il mondo, compromettendo funzioni cognitive fondamentali come la memoria, l’attenzione, il linguaggio e la capacità di pianificare. I familiari e i caregiver si trovano spesso di fronte a sfide quotidiane, mentre la medicina cerca soluzioni sempre più efficaci per migliorare la qualità della vita di chi ne è colpito.
Negli ultimi anni, una tecnica innovativa sta attirando l’attenzione dei ricercatori e dei professionisti della salute: il neurofeedback EEG. Si tratta di un approccio non invasivo e indolore, che sfrutta le potenzialità dell’elettroencefalogramma (EEG) per aiutare il cervello a “rieducarsi”, migliorando alcune funzioni compromesse.
Cos’è il neurofeedback?
Il neurofeedback è una forma di biofeedback che utilizza sensori applicati al cuoio capelluto per monitorare l’attività cerebrale in tempo reale. Questi segnali EEG vengono poi elaborati da un software che restituisce al paziente un feedback visivo o uditivo, permettendogli di imparare – gradualmente – a modulare volontariamente l’attività cerebrale.
In pratica, si “allena il cervello” a funzionare in modo più equilibrato e funzionale, proprio come si farebbe in palestra con un muscolo.
Per quali condizioni è utile il neurofeedback?
Uno studio pubblicato nel 2023 sulla rivista scientifica Sensors ha esaminato l’efficacia del neurofeedback in pazienti affetti da diverse patologie neurologiche, tra cui:
- Demenza
- Ictus
- Sclerosi multipla
- Trauma cranico
I risultati hanno mostrato che:
– I pazienti hanno registrato miglioramenti in almeno un’area cognitiva (come attenzione, memoria o velocità di elaborazione mentale)
– L’efficacia è stata osservata indipendentemente dal tipo di protocollo EEG utilizzato, a dimostrazione della flessibilità del metodo
– Nessun effetto collaterale significativo è stato riportato, confermando la sicurezza del trattamento

Quali benefici può portare il neurofeedback nei pazienti con demenza?
Nel contesto delle malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, il neurofeedback non rappresenta una cura, ma può offrire un supporto riabilitativo importante. In particolare, può:
- Aumentare la motivazione e il benessere psicologico
- Favorire il mantenimento delle capacità residue
- Ridurre la perdita di autonomia
- Stimolare la plasticità cerebrale

Un approccio complementare e personalizzato
La tecnica del neurofeedback può essere integrata in un programma riabilitativo più ampio, che include terapie farmacologiche, cognitive e motorie. La sua caratteristica distintiva è quella di coinvolgere attivamente il paziente, migliorandone la partecipazione e la consapevolezza.
Naturalmente, è fondamentale che il trattamento venga effettuato da personale formato, all’interno di centri specializzati, e sempre sotto supervisione medica.
Conclusione
In definitiva, il neurofeedback rappresenta una nuova e promettente frontiera nella riabilitazione cognitiva per le persone affette da demenza e altre patologie neurologiche. Non si tratta di una terapia miracolosa, ma di uno strumento che – se utilizzato in modo appropriato – può contribuire a preservare la dignità e la qualità della vita di molti pazienti, offrendo un valido supporto anche a chi li assiste.
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